È di poche ore fa la notizia su Michael Schumacher. Indiscrezioni veicolate dalla stampa francese, che ha raccolto testimonianze rimaste anonime, hanno parlato di lui “cosciente”. Come noto, l’ex stella della Ferrari era stato portato a Parigi per essere sottoposto a cure sperimentali (non precisate) con cellule staminali. Ma su questo presunto stato di coscienza sono subito cominciate riflessioni degli esperti.
AdnKronos Salute ha raccolto il parere di Paolo Maria Rossini, ordinario di Neurologia all’Università Cattolica di Roma e direttore dell’Area Neuroscienze della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma. “In letteratura scientifica sono segnalati casi di recupero dello stato di coscienza anche a distanza di anni, dopo un prolungato stato vegetativo. Ma si tratta di stati di minima coscienza: di certo il paziente non si alza in piedi e non parla. E quasi sempre si rimane a questo livello”. Sarebbe questo lo stato di coscienza di Michael Schumacher di cui si è parlato? Informazioni ufficiali non ne pervengono.
“Lo stato di minima coscienza – aggiunge Rossini – è quello in cui il paziente segue con gli occhi l’interlocutore, se gli si chiede di stringere la mano lo fa, anche se lentamente, addirittura tira fuori la lingua. Insomma, manifesta dei segnali che indicano che è in collegamento con l’ambiente circostante, mentre fino a pochi mesi prima non lo era. È il passaggio, quindi, da uno stato vegetativo, in cui il paziente pur respirando per conto suo non è in contatto con l’ambiente, a uno stato di minima coscienza. Ma quasi sempre si rimane a questa situazione”.
“Talvolta si può avanzare verso stati di coscienza sempre maggiori – conclude Rossini – e dipende dalle potenzialità di recupero: certo che sono passati 6 anni, e in letteratura casi di recupero ulteriore a 10 anni di distanza ci sono, ma si contano sulle dita di una mano”.