Nel lontano 1985 aveva collaborato con Giovanni Minoli a Mixer, con lo stesso aveva lavorato per La storia siamo noi realizzando numerose, importanti, interviste. Abile penna, aveva rappresentato il settimanale Epoca con vari articoli e pubblicato diversi libri, tra i quali Cara Silvia (2002), la raccolta di lettere che il suo noto papà, Enzo, le spediva dal carcere. Dal 2009 era al timone Big. Silvia Tortora è morta e Gianluigi Nuzzi ha voluto farle giustizia.
La giornalista, come ormai è ampiamente noto, è venuta a mancare nella notte tra lo scorso 9 e il 10 gennaio a soli 59 anni. Era ricoverata in una clinica capitolina. Aveva sposato l’attore Philippe Leroy nel 1990, col quale ha avuto i figli Michelle e Filippo. Figlia di Enzo Tortora, sorella dell’altrettanto noto volto televisivo Gaia, ha sempre combattuto per fare giustizia a suo padre, condannato per associazione camorristica e poi assolto. Un fatto che l’ha sempre profondamente amareggiata, fino alla fine. Perciò Gianluigi Nuzzi, ricordandola, ha trattato il tutto.
Gianluigi Nuzzi, il dolore per la morte di Silvia Tortora
“Dal mio punto non è cambiato nulla: sono trent’anni anni di amarezza e disgusto. Mi aspettavo una riforma del sistema giudiziario, invece non è accaduto. I processi continuano all’infinito. Anzi in trent’anni anni c’è stata una esplosione numerica”, aveva raccontato Silvia Tortora in occasione del trentesimo anniversario della scomparsa del giornalista, autore e conduttore televisivo e politico Enzo Tortora, avvenuta a Milano il 18 maggio del 1988. Nel suo ricordo virtuale, Gianluigi Nuzzi ha fornito un lungo e toccante racconto sulla collega e il famoso padre.
“Non ti arrabbiare Silvia se per un attimo, contravvenendo a quel tuo delicato stile, accenno alla tua intelligenza fluida, veloce, con quell’ironia sarcastica figlia dell’odissea patita insieme a tuo papà. T’ho conosciuto seduto sul divanone di via dei Piatti, dove Enzo viveva. Eravamo nel 1986. Mi raccontava l’odissea, l’onta delle manette, le umiliazioni e il coraggio. Alzò gli occhi al cielo e sussurrò una frase a mezza voce. ‘Scusi non ho sentito’, provai io. Avevo 17 anni e lui mi confidò l’amarezza più grande: ‘Mi hanno fatto invecchiare le figlie di trent’anni in una notte’. Per lui era tutto, non sbandierava la famiglia, non compulsava i social figurati, anzi”, ha esordito sul web.
Il conduttore di Quarto grado, commosso, ha poi continuato: “Proteggeva la privacy con quel rossore genovese che significa non timidezza, ma riservatezza e protezione dei propri cari. Ed è accaduto tutto veloce con quelle lettere che vi scrivevate quando era in carcere, raccolte in un libro che sta lì e che non apro se non consapevole della forza di reggere le lacrime. Poi ho compiuto un errore, cercando in te traccia del tuo babbo e mi scuso, sei stata come sempre elegante per farmi apprezzare che vuol dire costruirsi un’identità dopo la tormenta col cuore a lutto e un orizzonte nero”, parole che hanno emozionato la rete. Nel finale ha poi ricordato dolcemente Silvia.
“Ricordo Ponza, Silvia, i nostri incontri romani, mi ricordo te che ti eri messa a difesa proprio dell’identità di un padre ucciso dalla malagiustizia, intollerante sulle misere speculazioni di chi spendeva male il vostro cognome per professarsi innocente. Tortora. Se adesso sono quello che sono lo devo anche soprattutto alle forze che mi hanno formato. Enzo prima e poi tu sicuramente eravate tra queste. Grazie”, ha chiuso con grande profondità allegando uno scatto dei due destinatari di questa lettera, una vera e propria dichiarazione di affetto e stima. “Una famiglia perbene”, “Che tristezza infinita, non è giusto quello che hanno passato”, “Quanta ingiustizia!”.
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